Mezzo secolo di “mutòr”

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Pubblicato la prima volta il 3 Agosto 2022 @ 09:50

La frase «Se puoi sognarlo, puoi farlo», erroneamente attribuita a Walt Disney (in realtà coniata dal progettista Tom Fitzgerald e declinata nella prima persona plurale per l’attrazione Horizons), identifica perfettamente l’epoca «Felix» narrata dalla presente rubrica e l’ideale complemento dell’ubiqua affermazione felliniana «Nulla si sa, tutto si immagina», divenuta ormai sinonimo del nuovo corso culturale riminese contemporaneo. Al di là delle suggestioni emozionali e motivazionali di tali citazioni, infatti, possiamo affermare che la seconda metà del Novecento ha rappresentato per la Riviera un’età dell’oro irripetibile in cui le iniziative private, spesso catturate e concretizzate sull’onda dell’istinto e dell’entusiasmo, divenivano repentinamente realtà al di là della burocrazia, dell’eventuale rischio imprenditoriale e, spesso, della prudenza o del semplice buon senso, per offrire al pubblico qualcosa di veramente attraente e innovativo. Ecco perché ancora oggi Rimini occupa una posizione preminente nel panorama turistico internazionale: tale primato, in molti casi, si poggia, paradossalmente e incredibilmente, ancora sull’immaginazione e sulla concretizzazione dei sogni di quei «Padri Fondatori».
La stessa, fervente Romagna degli anni Sessanta, terra di registi – ma soprattutto di motori e di piloti – che avrebbe esportato nel mondo un contesto come Amarcord in cui si sogna il successo nella «Mille Miglia» e si narrano le scorribande del motociclista Scurèza, non può ovviamente rimanere attrice non protagonista anche in questo ambito. Già spettatrice delle primissime competizioni velocistiche sin dagli ultimi anni dell’Ottocento e, nel secondo dopoguerra, culla della «Mototemporada», la serie di gare motociclistiche valevoli per il Campionato Italiano Seniores svolte su circuiti cittadini, la nostra comunità ha sempre seguito con particolare attenzione e progressivo coinvolgimento la rapida evoluzione dei mezzi da competizione, capaci ormai di raggiungere velocità sempre meno compatibili, per ragioni di sicurezza, con le infrastrutture esistenti: le tappe costiere della «Temporada» di quegli anni, infatti, si svolgono sui nostri lungomari in condizioni sempre più estreme ed emozionanti ma inevitabilmente precarie, che culminano, il 4 aprile 1971, nel fatale incidente di Angelo Bergamonti. Bergamonti, tradito a Riccione dal maltempo, dall’inadeguata velocità e, infine, da un palo e da un banale marciapiede dopo un volo di cento di metri mentre insegue il compagno di squadra in MV Agusta Giacomo Agostini, è l’ultima vittima di questo tipo di competizioni: la sua morte decreta, infatti, l’interruzione ufficiale delle gare motociclistiche sui tracciati urbani nazionali.

A seguito di questa sciagura viene quindi ulteriormente accelerata la progettazione e la realizzazione di una vera e propria struttura dedicata, rispondente ai parametri della massima sicurezza agonistica e destinata alle sfide motoristiche a due o quattro ruote: tale necessità, in realtà, era già in divenire sin dai tempi della cosiddetta «Tragedia di Guidizzolo» del 12 aprile 1957, in cui l’uscita di strada della Ferrari 335 S di De Portago-Nelson sulla Statale 236 per lo scoppio di uno pneumatico aveva causato la morte dei due piloti e di nove spettatori (tra cui cinque bambini) rappresentando la fine della mitica «Mille Miglia», che faceva tappa a Rimini sin dalla prima edizione del 1927. Quella struttura, nell’aprile 1971 in fase di definizione, diverrà l’Autodromo di Misano, il nostro Autodromo.

Concepito solo pochi mesi prima, il progetto del circuito romagnolo nasce ufficialmente avanti il notaio Ciacci il 22 febbraio 1969, dall’iniziativa di ventidue imprenditori locali aggregatisi nella «Società per Azioni Santa Monica», con sede a Misano. I loro nomi sono: Giuseppe Bianchini, Ferdinando Riceci, Carlo Bianchini Massoni, Francesco Sampaolesi, Pierino Matteoni, Stefano Fuzzi, Edmondo Forlani, Pier Francesco Gamberini, Flavio Ricci, Renzo Angelini, Giorgio Flenghi, Gianfrancesco Ugolini, Celio Piccioni, Adriano Zanca, Mario Faetani, Alieto Giannini, Alberto Ricci, Gaetano Vasconi, Alfiero Gentilini, Antonio Ieraci, Arno Corradi, Alfredo Filippini; con funzioni di delegato-presidente della Società viene eletto l’ing. Francesco Sampaolesi. Il progetto, accompagnato dalla relazione tecnica redatta dagli ingegneri Piero Taruffi (l’ex pilota) e Piero Sampaolesi, nonché dall’architetto Emilio Isotta, viene trasmesso all’esame della Giunta Comunale di Misano sul finire del 1969 e da questa sottoposta al parere del Consiglio – sindaco Nicola Sebastiani – nella seduta del 16 febbraio 1970, che lo approva all’unanimità.

Il nome della costituenda società indica inequivocabilmente che il gruppo ha già identificato, come posizione, un’area rurale di 40 ettari posta a tre chilometri dal mare di Misano Adriatico denominata, appunto, «Santa Monica» per la presenza, dalla fine del 1944, dell’aeroporto americano sede del 332d Fighter Group, i cosiddetti Tuskegee Airmen afroamericani, la cui pista dismessa diverrà il rettilineo su cui sfrecciare. Curiosamente il Corpo ha chiamato «Santa Monica» anche il campo di aviazione molisano di Ramitelli, che attualmente risulta proprio una frazione di Campomarino.

Equidistante da Bellaria e Pesaro, il futuro Autodromo risulta baricentrico rispetto all’estensione delle spiagge e garantisce al territorio un impianto moderno e funzionale, capace di valorizzare un Comune sino a quel momento, in verità, subordinato alla notorietà di Rimini, Riccione e Cattolica; in quegli anni Misano assiste alla progressiva migrazione di una parte della propria comunità dal forese alla costa, maggiormente redditizia: alla fine degli anni Sessanta è ormai un centro turistico in forte espansione, desideroso di catalizzare ulteriore visibilità e indotto della Riviera. L’Autodromo, pur oneroso dal punto di vista finanziario pubblico e privato (costerà un miliardo di lire tra terreno e impianti, circuito compreso), rappresenta un’irripetibile opportunità di portata internazionale, da accogliere e promuovere.

La realizzazione della struttura attraversa una serie di vicissitudini che dilata i tempi esecutivi: prima il percorso viene riprogettato – su suggerimento di Enzo Ferrari – dall’ingegner Ugo Cavazzuti di Modena e realizzato da Cesare Berardi di Misano, poi una serie di dissidi del gruppo dirigente sulla natura del circuito, sulla destinazione agonistica specifica e sull’effettiva capacità finanziaria della società rallentano a più riprese le diverse fasi; alla fine l’opera viene comunque terminata nel tempo record di soli cinque mesi.

I giorni che precedono l’inaugurazione sono molto tesi: la Commissione Provinciale di Vigilanza di Forlì, infatti, il 27 luglio 1972 – giorno della vernice alla presenza del Drake e della stampa – esprime parere negativo, pretendendo modifiche sostanziali al circuito nell’ottica di una maggiore sicurezza, che stravolge i pareri favorevoli già espressi della C.S.A.I. (Ing. Giuseppe Bacciagaluppi) e da Peter Westbury, pilota rappresentante della C.S.I. Alla fine, grazie all’attiva intercessione dell’ing. Rodano, presidente C.S.A.I. e, sembra, all’interessamento dello stesso Presidente del Consiglio Andreotti, alle ore 23:20 si arriva al parere favorevole «provvisorio» del Prefetto: si può quindi finalmente procedere.
La giornata di venerdì 4 agosto 1972 è interamente dedicata alle prove; sabato 5 agosto si svolgono, oltre alle prove per le altre categorie di vetture, le batterie e la finale di Formula 850 (“Coppa Comune di Misano”, vincitore Orazio Ragaiolo) e le batterie della Formula Italia; domenica 6 agosto si svolgono le batterie e la finale della Formula Corsa 3 (“3^ Coppa »Benaglia”, vincitore Vittorio Brambilla), le due manches del campionato italiano Vetture Sport (“1° Trofeo Santamonica”, vincitore Arturo Merzario) e, a chiusura della manifestazione, la finale della Formula Italia (“Coppa A.C. Bologna”, vincitore Giancarlo Martini).

Il 13 agosto successivo esordiscono le moto: vince Guido Mandracci nella categoria 750, Giacomo Agostini nella 350, Renzo Pasolini nella 250 e Otello Buscherini nella 125.
La nostra narrazione celebrativa si interrompe all’agosto di cinquant’anni fa: il «Santamonica» nel frattempo ha cambiato nome e proprietà, evolvendosi nel noto e poliedrico «Misano World Circuit» della famiglia Colaiacovo e  dedicato al compianto Marco Simoncelli, affermandosi come il palcoscenico luminoso e globale della migliore Romagna, ovvero quella più dinamica e innovativa. L’epoca «Felix» del lontano 1972 risuona ancora, rombando, tra le sue curve, rinnovandosi di anno in anno per salire sul gradino più alto del podio.

Si ringraziano Andrea Albani (Managing Director di Santa Monica S.p.A.), Davide Bagnaresi, Fabio Assirelli Sampaolesi e Daniele Celli.

Ariminum
Anno XXIX – N. 4 Agosto-Settembre-Ottobre 2022

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