Pubblicato la prima volta il 27 Agosto 2015 @ 10:34
Ho debolezza, non stanchezza. È un’espressione retaggio di un passato quando la fame era talmente tanta, che il fisico ne risentiva fino ad indebolirsi. Mia mamma l’ha usata sempre quando aveva fame, in alternativa a “um róģ al budèli”: non a caso quando si andava a trovare qualche malato, in ospedale, potendo, gli si portava del cibo, quello di prima necesità o comunque nutriente: zucchero, arance, una bocceta d’olio “buono” e se proprio si poteva “esagerare” si arrivava al marsala, anzi “alla” marsala ma rigorosamente all’uovo che “la t’aiuta ad arciapè al fòrzi!”.
Ricordo che ai tempi della mia infanzia era generalizzata la pratica di asportare le tonsille, causa, si riteneva, delle tonsilliti acute e ripetuti stati febbrili. L’intervento si effettuava “da svegli” seduti sulle ginocchia dell’infermiera che ci teneva ferme le braccia mentre l’otorino agiva con una lampadina posizionata sulla fronte, nessuna anestesia. Certo che dovevano insospettirmi quei bambini, di 5 anni, che entravano nell’ambulatorio su chiamata, con un asciugamano sotto braccio, per poi sparire nel nulla. Lo scoprii al mio turno: quell’asciugamano ci veniva messo al collo a mo’ di “bavusino” per raccogliere il sangue che si vomitava dopo la castrazione tonsillare, poi, senza pianti perché dalla bocca non poteva uscire suono alcuno, ci facevano uscire da un’altra porta rispetto l’entrata. A piedi si arrivava, in braccio si rincasava.
E allora dove stava il bello di quella tortura? Nella “dieta” che doveva rigorosamente seguire, costituita da cibi freddi, liquidi o semiliquidi: gelato, ghiacciolo, aranciata San Pellegrino…. insomma una pacchia rara, anzi unica come unica era l’asportazione delle tonsille.. un’operazione che oggi, mi dicono, si pratica raramente e, comunque, in una normale sala operatoria ospedaliera. Vero è che il gelato rispondeva alla atavica golosità ma non riempiva il buco nello stomaco per cui la mamma ci badava. Guai, infatti, a mangiare il pane, allora alimento principe, perché la crosta avrebbe potuto causare un’emorragia. Insomma, tutto ruotava attorno al cibo… sarà per questo che la mamma, ancorchè abbia passato a me, tra la più grandi delle sue rinunce, il timone della cucina di casa, ha sempre concluso ogni giornata con “Cust fè da magnè dmèn?”.