Ma “il Borgo” esiste ancora?

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Borgo S. Giuliano, 1957

Pubblicato la prima volta il 20 Settembre 2018 @ 09:47

Borgo S. Giuliano, 1957
Borgo S. Giuliano, 1957

Ma il Borgo esiste ancora? Risponderei di primo impulso se non altro perché, a tutt’oggi, quando si cita “il Borgo” s’intende automaticamente quello di San Giuliano. Dunque… c’è!

Certamente gli abitanti non sono più “quelli di una volta”, personaggi unici, non clonabili, creati con uno stampo esclusivo, dalle battute lapidarie, ironici, goliardici, irriverenti, solidali, sapienti, devotamente anarchici, incastonati nelle stradine, sugli usci, depositari di storie magiche, fatti reali talvolta oscuri, coperti dalla coltre borghigiana. Ognuno col suo casato, ognuno col suo soprannome. Non li citerò sia per non incappare in qualche involontaria e comunque imperdonabile omissione sia per lanciare l’input a chi volesse raccoglierlo.

Per non dire degli odori, quelli del cibo che trasudavano dai muri intrisi, della fuliggine che ovattava l’atmosfera ed impregnava i vestiti e quelli che emanavano dai vicoli che fungevano da orinatoi. E ancora i rumori, anzi i suoni che si diffondevono come la colonna sonora di un film dell’Istituto Luce, voci, attrezzi, scarriolamenti.

Qui, come altrove, non è più così. E non potrebbe essere altrimenti, oggi le ”veglie” pure rappresentate durante la Festa biennale, sarebbero falcidiate dalle auto in corsa, gli sms impediscono la conservazione di qualsiasi segreto da tramandare sottovoce, il traffico copre qualunque guizzo sonoro mentre lo smog cancella il sentore degli “umori” che, prima, arrivavano al naso in anticipo sulle immagini. Attualmente nel Borgo si registra una concentrazione notevole di affermati e caratteristici luoghi di ristorazione ma se si dovesse giudicare dagli olezzi che si percepivano in passato: il soffritto, la rustida, l’umido, la frittata, la piada, i cavoli, il minestrone.. ci sarebbe da pensare che non si mangia più. Perché per fare una buona piada ci vuole la stufa a legna, per far “tirare” la stufa ci vuole il locale adatto ma, soprattutto, bisogna possedere la ricetta originale e aver tempo da dedicare. Quanti/e hanno le carte in regola?

Perché la classifica degli amanti del Borgo vede al primo posto gli irriducibili ovvero quelli (ma credo siano di più le donne: Miriam, Lella, Laila…ops.. ho dichiarato di non voler far nomi!) che non l’hanno mai abbandonato, i pendolari alias quelli che, trovata una migliore “sistemazione” logistica in un’altra zona, ci vanno solo a dormire, vivendo il resto della giornata nel Borgo, gli importati per lo più borghesi professionisti che hanno realizzato quanto fosse trendy abitare nel Borgo in quelle casupole, trasformate in un set cinematografico, lasciate dai tapini (di cui sopra) oggi amaramente pentiti ed infine gli aspiranti tra cui la sottoscritta. Perché come dice mia mamma Elsa: nel Borgo c’è tutto quello che serve e se lo giri e lo frequenti, se ci fai la spesa, se ti fermi a chiacchierare fuori dal bar… in poco tempo diventi, per tutti, una con un nome e non solo una.

E quel Ponte che gli altri vedono in cartolina, che gusto poterlo calpestare con orgoglio, quasi con superbia! Perché una bellezza così chi ce l’ha, ce l’ha! E non ne trovi da nessuna parte la riproduzione a mo’ di souvenir, quei cazzabbuboli grotteschi che, chiunque altro, in qualunque altra parte venderebbe, magari dentro la palla di vetro che spande neve o nei portachiavi.

E’ poi vero che le botteghe sono diventate negozi, i negozi supermarket ed il kebab ha preso il posto della rosticceria, il fruttivendolo ha un nome italiano ma è rigorosamente albanese, il cuoco del ristorante più romagnolo è cinese, l’oste più tipico friulano mentre il colore olivastro delle “more” boghigiane è oramai soppiantato dal biondo delle badanti che scarrozzano i vecchietti diversamente destinati agli arresti domiciliari. Una realtà oramai diffusa con la differenza che chi arriva nel Borgo non vuole più andarsene. Tempo al tempo e nasceranno nuovi personaggi se è vero che la tradizione non è altro che una innovazione radicata nel tempo e nel luogo.

Perché il Borgo, pur nella sua autonoma identità è un tratto quasi intestinale della città. Ci devi andare, è inevitabile.

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