Pubblicato la prima volta il 14 Giugno 2018 @ 00:00
Nell’aula della prima elementare vi erano quattro file di banchi, simmetriche e parallele. La disposizione cambiò con l’arrivo della nipote della Direttrice. Sapendo già leggere e scrivere, iniziò la prima elementare nel mese di dicembre, fu nominata subito capoclasse dalla maestra ed ebbe un banco distaccato dagli altri, posto al centro, di fronte la cattedra.
Come ho ricordato negli appunti precedenti, abitavo con la mia famiglia in un’unica stanza nel palazzo di Via Cairoli, sopra l’allora Cinema Italia. La mattina scendevo, mi fermavo sugli scalini del portone d’ingresso e aspettavo la maestra che abitava in Via Bonsi per fare insieme il tratto di strada che portava alla scuola Ferrari. La maestra, dunque, sapeva dove e come abitavo. Non dimeno il primo tema che diede alla mia classe fu “Le ore liete che trascorro nella mia cameretta”… seguito da “Prima gita con papà”.
Nel banco non ci si poteva atteggiare liberamente, le posizioni venivano impartite dalla maestra, in prima: braccia tese lungo i fianchi, in seconda: braccia unite dietro la schiena, in libertà: braccia conserte appoggiate sul tavolo. Il banco delimitava ogni singola postazione. Potevamo muovere la testa ma non le gambe; potevamo alzarci al momento della ricreazione, per andare in bagno, previa autorizzazione richiesta con il braccio alzato ed anche in un’altra circostanza. La maestra ci aveva spiegato che, in segno di rispetto, quando entrava in aula un adulto, era bene che le alunne si alzassero in piedi. Qui ho ricevuto la prima vera lezione di “classe”. S’affaccia sulla porta la maestra dell’aula di fronte: tutte in piedi. Entra, senza bussare, la direttrice: tutte in piedi. Entra il bidello: mi alzo solo io! La maestra mi guarda e, con un misto tra insofferenza e irritazione, mi riprende: “per il bidello non serve alzarsi!”.
Naturalmente, data l’età, non ero in grado di fare grandi ragionamenti. Ma percepivo, quasi fisicamente, un forte senso di malessere: se era considerato niente il bidello, escluso perfino dal novero degli “adulti” quando nel mio immaginario era collocato tra coloro che avevano una “posizione” importante, uno stipendio sicuro, il tipo che “l’avù furtuna l’è èntre ti bidèl”… mio babbo manovale precario cosa era? Le compagne si sarebbero alzate al suo ingresso? Mi rendo conto di fare il verso a De Amicis… ma le cose, negli anni cinquanta, stavano così!. La mia è la generazione che, dal calamaio, è passata all’email…dal lume ad acetilene ad Internet…. dal gabinetto con la “turca” alla vasca idromassaggio.
Ci sarebbe da chiedersi se la stessa evoluzione sia avvenuta nei rapporti sociali… ma questo è altro tema.