Pubblicato la prima volta il 8 Gennaio 2016 @ 00:00
“Cosa ci hanno lasciato” di Grazia Nardi
Vocabolario domestico: “An sò scapa per gnìnt”
Non sono uscita nemmeno per poco tempo: un’espressione molto semplice e comune con un significato squisitamente letterale.
La curiosità che voglio sottolineare sta nel verbo “scapè” che significa “uscire”: un bel rafforzativo, dunque, nella lingua dialettale, quasi a voler dire “fuggire” dalla routine, fuggire per necessità, fuggire per un motivo, anche nel caso di un’uscita breve “a faz na scapèda”. E tante sono le declinazioni del verbo che mi vengono in mente e che sottintendono significati diversi.
Provo a citarne alcune. L’espressione menzionata all’inizio stava ad indicare una limitazione: ”dù tcè stè dmènga?” (“dove sei stata domenica?”), risposta “an sò scapa per gnìnt”… perché anche allora la domenica era l’occasione per “uscire”, portar fuori i bambini, “cambiarsi” ovvero indossare gli abiti migliori, conservati proprio per occasioni importanti. Un salto ai giardini Ferrari, d’estate, per gustare un cono gelato, quando le risorse lo permettevano o accontentarsi di stare sulle panchine a chiacchierare, una puntata al mare, in bicicletta, coi bambini sul sellino davanti o al fiume, a piedi; d’inverno le possibilità diminuivano e si usciva dalla propria casa per entrare in un’altra; dunque, quando c’era un impedimento, un malessere dei bambini, il marito “se nervós”, il “a n’aveva gnìnt da metmè”, si stava “ciùs ad chèsa” e si perdeva una delle poche occasioni per divagarsi, perché l’uscita più frequente era sicuramente quella della spesa.
Quante volte ho sentito la mamma imbufalita “le gl’unģ ho èncora tót al madòni da fè… e va fnì che òz a scap a mizdè” (sono le 11 e devo ancora sbrigare tutte le faccende di casa: va a finire che uscirò a mezzogiorno per la spesa); questo quando il babbo si attardava, al mattino, nel letto, del tutto insensibile ai richiami della mamma che, a sua volta, ha sempre criticare le donne che escono tardi per la spesa per poi “rimediare “ in pochi minuti il pranzo cui lei, invece, dedicava ore.. poi diceva, “quand scap tèrd t’an tròv pió gnìnt, la ròba più bòna i la zà purtèda via, è pèn un gnè piò, la frótta l’arvènza la pió chèra” (quando esci tardi non trovi più quello he cerchi, i prodotti migliori se li sono già comperati, il pane è finito e della frutta rimane la più costosa).
E c’era anche da farci ironia “t’an tcè scapa per e’ vigliòn?”, risposta “seh a sò scapa… ad giudizie” (si sono uscita… ma di senno), ovvero “no”. Poi c’era il caso più penoso, quando la moglie era costretta a starsene a casa per il veto del marito “un mè fa scapè.. a sò sèmpra inculèda qua drènta”, “non vuole che esca.. sono sempre incollata (ma il termine come si nota, prende un doppio senso): perché l’uomo è geloso? Ma no, è quello possessivo: ecco, da lì bisogna veramente non uscire… ma scappare.
Bell’articolo!