Pubblicato la prima volta il 28 Giugno 2017 @ 00:00
“Cosa ci hanno lasciato” di Grazia Nardi
Vocabolario domestico: “An farìa cambiè…”
La risposta di chi controbatteva a qualcuno che voleva far emergere la propria superiorità, magari economica o di successi, ma che, nella mente del ricevente, era tenuto in scarsa considerazione, poco stimato tanto, appunto, che non si sarebbe voluto far cambio.
Capitava anche d’imbattersi in chi si trovasse in uno stato di pena, sofferenza ma in questo caso, l’espressione, pietosa era “an vurìa ès tì su pan”.
Quest’ultimo era il commento tipico di una mamma verso un’altra cui la sorte aveva dato un figlio “birichìn”: “l’ha da bazilè quant la vò!”.. non di meno verso la donna maritata ad un uomo violento. Ma “an farìa cambié” sottolineava invece l’orgoglio, il proprio senso di dignità verso gli arroganti, gli arricchiti che conservavano la gretezza d’animo o quelli che avevano i soldi, sì, ma di dubbia provenienza. Non a caso, in alternativa, usciva “mèj magnè l’èrba m’un grèp che….”. Non si trattava solo di una “critica” o di un semplice metro di valutazione ma di un vero e proprio sentimento che avvolgeva tanto le cose quanto le persone. Ricordo le festività pasquali di quell’epoca in cui la miseria non consentiva il superfluo, quando lo zio, fratello della mamma mi comprava l’uovo di pasqua, uno piccolo, delle stesse dimensioni di quello della gallina ma di “marca” laddove, nella piazza del mercato, erano in bella mostra uova giganti le cui dimensioni erano enfatizzate dal volume della carta lucida e variopinta e che, ci si immaginava, chissà quale grossa sorpresa potevano mai contenere… fu lo zio a darmi una lezione che non ho ma dimenticato spiegandomi che quell’ovino era composto di ottimo cioccolato, mentre quello grosso no, dunque non conveniva “far cambio” al di là delle apparenze; così come non ho tardato a capire perché la mamma, sempre vestita in maniera modesta, viso pulito, al passare delle “signorine” vestite con accessori, capelli freschi di parrucchiera, vistosamente truccate.. che facevano tranquillamente la sosta al bar…. sottolineava “an farìa cambiè..”; così ad un tale segaligno, con cappello e baffetti che aveva apostrofato un bimbetto, nato coi riccioli biondi col passaggio dei tedeschi, “brutto bastardo”, la Elsa “bastèrd ciaré tè…che ta tlà ciap s’um burdèl” ed il tipo “io sono vis-conte” e la mamma “tè tcè un vis-de caz e mè an farìa cambiè”.
Non solo parole, dunque.