Pubblicato la prima volta il 19 Luglio 2014 @ 00:00
“Cosa ci hanno lasciato” di Grazia Nardi
Vocabolario domestico: “Madàm us dis ma quèli de casèin”
È il commento della mamma a quelli che, con ironia o per cerimoniale (vedi ristoranti di lusso), appellano le signore col termine francese. “Madama” infatti, era chiamata la tenutaria delle cosiddette “case chiuse”. Del resto il casino era percepito come un componente della comunità locale….non a caso c’era l’usanza di presentare la nuova “quindicina” che si mostrava alla città girando in carrozza. Persino le donne, in parte, ne sostenevano la validità… con motivazioni che ricorrono anche oggi più o meno sofisticate: “e’ mènc clà volta e’ dutór u li visitèva… e sé gli avéva la sifilide, li duvéva smèt…” “ e pó us sa, l’òm e’ vò e’ su sfòg…isè in dà fastidie m’al burdèli…”. Diversa la motivazione che portò, il 20 settembre del 1958 all’entrata in vigore, effettiva, della legge Merlin che impose la chiusura dei bordelli, ritenendo indegno ed immorale lo sfruttamento della prostituzione da parte dello Stato ed anche la schedatura delle donne, marchiate a vita. Un altro modo, infatti, di definire la prostituta, era “quèla l’è schedèda”. Naturalmente non è questa la sede in cui riaprire il dibattito sul pro e contro. Qui, come sempre, vorrei riportare alcuni dei “modi di dire” collegati a quel Villino di Via Clodia e, soprattutto, tipici di quel tempo, da: “la stà bèin slà pòrta de casèin” riferito alla donna truccata in maniera eccessiva o vestita in modo troppo vistoso… ma anche a quella che si prodigava troppo nelle relazioni umane, magari per il proprio tornaconto, altrimenti detta “rufièna”.. a “va purtè l’aqua da la Dòra”…invito rivolto a chi, col suo comportamento, appariva fastidioso od inutile per cui lo si esortava a recarsi nel casino (gestito dalla Dora) dove – almeno – poteva portare l’aqua alle “signorine” per la loro igiene. Racconta, invece, mio marito, figlio di un pasticcere che, da ragazzino, la domenica, veniva incaricato delle consegne dei dolci al Villino…. La Dora lo aspettava fuori dalla porta ad evitare che potesse entrare e lo compensava con una lauta mancia.
Ma in generale, il “sentimento” verso le prostitute di allora che lavorassero dentro o fuori… – perché è chiaro ch’è sempre coesistita la prostituzione “fuori” – non era certo univoco.. ed era diffusa, negli ambienti popolani, non tanto il moralismo ma una moralità sostanziale. Ho detto di quella signora, amica di famiglia, già moglie separata di un medico che, trovando la mamma disperata perché mio fratello era malato e non c’erano soldi per chiamare il pediatra, le disse “tè cèma e’ dutór che sa ló a faz pèri me..” insomma “putèna” ma ad “còr” mentre la rabbia montava verso le santarelline che –sempre a detta della Elsa – andavano “in zìr sa dó bascòzi” ovvero due tasche..in una i soldi derivati dallo stipendio, modesto del marito, nell’altra i soldi che “sultènt lóri il sa da dóv chi vèin”… e “dòp al so ènca è caz ca gli è brèvi a fè la spesa….”.