“L’è simpatìc cmè la m***a te lèt”

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Pubblicato la prima volta il 20 Dicembre 2015 @ 18:40

“Cosa ci hanno lasciato” di Grazia Nardi
Vocabolario domestico: “L’è simpatìc cmè la mèrda tè lèt..”

È piacevole come può esserlo la m***a nel letto: una delle tante espressioni riferite a persona sgradevole, noiosa, inopportuna, lamentosa. Nel caso in questione si tratta di quelle che vogliono essere spiritose ad ogni costo, che si esprimono a battute “cl’it fa caschè al brazi”, il tipo che racconta, anzi ripete barzellette vecchie, insulse che fanno ridere solo lui, che al banchetto dei matrimoni propone la rima fra “rosa” e “sposa”. Peggio, quando lo ritrovi tra i comici di professione, in quell’innumerevoli carrellate che ingolfano oramai tutti i programmi televisivi.

Finiti i Totò, i De Filippo, i Sordi, disinvolti nella recitazione, eccezionali nella mimica e nei tempi della comicità che ci facevano ridere perché enfatizzavano i tratti delle persone che direttamente o indirettamente facevano parte della nostra vita, ci ritroviamo oggi con personaggini che manco si ricordano le battute del copione, che non reggono una parte oltre 5 minuti e che se non ci fossero i politici da minchionare non saprebbero cosa dire. Lapidaria la Elsa quando ne vedeva e ascoltava (per poco) uno in TV “perché adès quèl è vò ènca magnè?”.

Poi c’è la “piatùla”, fastidioso, appunto, come una piattola. Questo te lo trovi sempre tra i piedi, la Elsa dice “tr’al gambi”; ti suona il campanello di casa appena sei entrata nella vasca da bagno o ti sei seduta sulla tazza del water. Ti chiama al telefono nell’ora di pranzo, attaccando con un: “Ti disturbo? sarai sicuramente a tavola” e continua imperterrito a parlare, senza aspettare la risposta. Ti viene a trovare nell’unico giorno che avevi deciso di dedicare a te stessa oppure lascia un messaggio ai tuoi quando non ti trova, così, appena rientri a casa stanca, con l’unico desiderio di staccare la spina col mondo esterno, ti accoglie un “u t’ha zirchè… l’ha dét clè urgènt… l’arcièma”.

Si arriva poi alla “dulòuna” che, come dice la parola, si duole di tutto e di tutti: ipocondriaca per eccellenza, “l’è cmè cavàl ad Scaja, cl’avéva sèt mèl sóta la códa”. Si lamenta del caldo, “a né sùpòrt”, e del contrario, “um còr dré è frèd”; qualunque disturbo le confidi ce l’ha anche lei, solo che il suo “è peggio”; se rimane sola si autocompatisce: “ a so sèmpra da pèr mè”… con gli altri “an mè tròv”; pessimista assoluta “a sò nèda sgrazièda e sgrazièda a mòr”, va presa a piccole dosi onde evitare il contagio.

Chiudo con la “gnorgnia” detto anche “una bórsa”…il soggetto eternamente indeciso, sempre in cerca di conferme e rassicurazioni, che ti segue , ti sta dietro ad ogni tuo passo “ tè sa disté? Tè cùs farìa?”..e naturalmente ribatte ogni tuo consiglio.. perché, in realtà, se non si lamenta non sta bene..

Il termine “gnorgnia” da annoverare oramai, tra quelli “spariti” lo sentivamo dire spesso da bambini quando chiedevamo con insistenza qualcosa non disponibile.. per cui la risposta della mamma arrivava sempre puntuale e persuasiva “smèt da fè clà gnorgnia, si nà a t’arìv tlà faza…”.

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