Pubblicato la prima volta il 20 Novembre 2016 @ 00:00
“Cosa ci hanno lasciato” di Grazia Nardi
Vocabolario domestico: “Sòna, Bilóz!”
[Queste note sono state scritte da mia mamma Elsa qualche anno fa, in parte su fogli di carta bianca, in parte sui fogli di scottex: le ho recuperate, trascritte sul PC, a suo tempo mandati al “Foj dé Borg” ed eccole qui.. il suo omaggio al Borgo San Giuliano].
Lo sapevate che il Borgo, lo chiamavano, quelli con la puzza sotto il naso, il Borgo di Merda? E proprio quelli lì hanno poi comprato tutte le case lasciate dai borghigiani doc, hanno costruito i palazzi, tentando di cambiare o rovinare un Borgo che è sempre stato il più bello di tutti i borghi di Rimini. Tutti lo invidiano, tutti lo vogliono imitare ma non c’è niente da fare, i borghigiani sono gelosi della loro “ricetta” ed hanno ragione! Il borgo era l’ombelico del mondo! Per andare alla Barafonda, al Cimitero, a Viserba, alla Sacramora.. per forza si doveva passare dal Borgo! Di lì si passava, la domenica d’estate quando con le nostre mamme si andava a fare il bagno nel fiume Marecchia. Ci bagnavamo col “sottabito” che, bagnato, diventava trasparente, mentre le mamme scaldavano “il mangiare” col fuoco tra i sassi… le più fortunate avevano i costumi di lana che si mettevano ad asciugare a sole. Nel Borgo c’era tutto un mondo, i borghigiani erano e sono grandi lavoratori: marinai della pesca, fornai, calzolai, idraulici, fiaccaristi, carrettieri, persone di gran cuore… se qualche famiglia aveva bisogno tutti aiutavano…ed anche partigiani e giovani soldati morti in guerra. Io avevo lì le mie più care compagne di scuola, che allora si chiavano per cognome: la Sartini, la Muccini, la Vanucci, la Tosi, la Bianchini, la Giulietti. E una bidella di nome Caterina, vedova di guerra, una donna speciale, buona soprattutto con noi poveri. D’inverno ci dava il doppia razione di refezione (le mensa di allora). Una grande borghigiana, bisnonna di Roberto Maldini che tanto sta facendo per il Borgo..una raza cl’an sbaja! Le donne del Borgo erano molto belle, mi ricordo in particolare di tre sorelle, sembravano tre “artiste”. E dove adesso ci sono bar, negozi, conad..era tutto verde. D’estate arrivava un piccolo circo che si chiamava Cirillo mentre le donne stavano fuori dalle porte, nelle piazzette, a cucire, lavorare coi ferri, impagliare le sedie e cantavano, cantavano… Bilóz suonava la fisarmonica mentre la Ciceta cantava. E gli uomini avevano dei sopranomi curiosi: Fazènda, Ugliòn, Tranquillo, Zirèl, Mazasèt, Fasulòn, Pipòn, Parcioc, Birèl, Gob, Americhèn, Sgadéz, Cadinòun e tanti altri. I sopranomi erano importanti perché dietro ognuno c’era la storia dell’intera famiglia, storie allegre, storie tristi…non c’era bisogno della carta d’identità… adesso invece abitiamo nello stesso palazzo e non ci conosciamo, “la zènta l’as fa paura” e proprio adesso che invecchiando avremmo bisogno di compagnia… ci chiudiamo nelle case e sbarriamo porte e finestre. An penséva clà fnés isè.