Un irripetibile cenacolo riminese

0
11

Pubblicato la prima volta il 3 Novembre 2022 @ 09:18

Il periodo «Felix» della nostra città non è coinciso con la sola resurrezione imprenditoriale e turistica post-bellica, ma anche – e soprattutto – con una fibrillazione culturale e artistica di rara intensità. Mentre gli emigranti Fellini, Zavoli e Rossi mietono successi planetari nel cinema, nella televisione e nella musica, infatti, a Rimini decine di intellettuali esprimono vette artistiche di assoluta (e irripetuta) eccellenza, senza perdere – da bravi romagnoli – una vena goliardica sempre orientata alla beffa, alla dissacrazione e al bonario dileggio reciproco.

Catalizzatore storico di tale gruppo diviene Gianni Quondamatteo che, complice Bruno Barosi del noto ristorante «Giardino», istituisce nel 1953 un appuntamento conviviale pittorico-gastronomico (come da sua definizione) per celebrare ogni Carnevale. In occasione di quella convocazione rigorosamente epistolare, gli artisti devono «portare soltanto l’occorrente per dipingere e cercare di indossare un vestito che nulla abbia da perdere per lanci di cefali crudi (o arrostiti)»; è cura, infatti, dell’anfitrione Barosi «mettere a disposizione nature morte e le apposite tele» sin dal pomeriggio. Segue poi l’attesissima cena.

Gli scatti e i filmati acquisiti dall’immancabile Davide Minghini e i ricordi, ben tramandati nella propria autobiografia da uno dei protagonisti più scalmanati, Armido Della Bartola, raccontano l’incontro ridanciano di un gruppo di intellettuali romagnoli mascherati che gli americani oggi definirebbero, a pieno titolo, un “Dream Team” considerando che (in ordine sparso) ai pittori Bonini, Pasquini, Bagnaresi, Benzi, Mirro, D’Augusta, Bonini, Miliani, Doro/Barilari, Corrà, Menghi, Miselli, Ossani, Valentini, Massarelli, Ricciotti e Filippi si affiancano, nel corso degli anni, con costanza ed entusiasmo, altri artisti e intellettuali di caratura come Morri, Montanari, Matteini, Valmaggi, Cumo, De Carolis, Montemaggi e D’Amelia. L’invito di Quondamatteo, che si mette ai fornelli e il cui dosaggio del pepe nelle pietanze viene definito «di dovizia omicida» da Della Bartola, è esteso, a scanso di campanilismi, anche ai centri limitrofi, per cui da Santarcangelo si presentano Turci e Bernardi, mentre da Cesena Sughi, Piraccini, Caldari, Gazza e Piraccini. Una sera fa capolino addirittura Enzo Biagi, arrivato direttamente dalla sede della Rai bolognese.

La personalità strabordante e il progressivo tasso alcolemico di alcuni protagonisti fanno sì che, spesso, le tele su cui esprimere il proprio talento risultino insufficienti: in un’occasione Della Bartola chiede addirittura, con successo, che venga scardinata una porta sulla quale esaurire le ultime pennellate.

Coerentemente con lo spirito beffardo dell’occasione, viene immancabilmente anche istituito il premio “Gradela d’arzent”, ciondolo dotato di ammennicoli virili destinato alla migliore forchetta della serata: primo vincitore il buon Domenico Bagnaresi, da quel momento ribattezzato Magnaresi dagli spietati colleghi artisti.
È doveroso segnalare che a fine serata gli illustri convenuti devono regolarmente contribuire, con il proprio tratto, a una tela collettiva che viene infine donata all’anfitrione ed esposta, permanentemente, nelle sale del locale.

Ariminum
Anno XXIX – N. 5 Novembre-Dicembre 2022

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.