Pubblicato la prima volta il 6 Novembre 2016 @ 00:00
“Cosa ci hanno lasciato” di Grazia Nardi
Vocabolario domestico: “Un gnè è giurnèl?”
Non c’è il gionale? Era la richiesta settimanale del babbo. Eravamo negli anni ’60 inoltrati quando nelle case, con la TV, entrano anche i giornali coi programmi televisivi. Il babbo non era amante della Tv, ad eccezione del meteo, “a vój véda che tempo che fa”, e degli incontri di boxe, che seguiva avidamente sino alle ore piccole notturne, confidando nei match in cui i due pugili si massacravano. Insomma, la vittoria a punti non lo convinceva. E nemmeno lo attraevano le notizie pubblicate sui giornali, non era sportivo, non tifava per nessuna squadra di calcio, né per i corridori in bicicletta. E non gli interassava la politica scritta, votava per il Partito Comunista perché un lavoratore, a suo parere, non poteva avere altra scelta ma non partecipava a riunioni o manifestazioni, fatta eccezione per quella sindacale, il 1° maggio, la sfilata promossa dalla CGIL. In realtà non aveva un grande spirito sociale, confidando di più nelle sue sole forze. Era un lavoratore ricercato e quando non era imbarcato, per lo più veniva assunto nei cantieri edili come manovale, qualifica bassa dunque ma compensata dalla resistenza fisica e dalla puntualità.
Partiva la mattina con dietro il pranzo preparato dalla mamma: la minestra nel contenitore di latta, la frittata, il pane, la frutta, il vino… tutto nella sporta “ad stràz”… e rientrava a sera inoltrata ed era allora che mi faceva segnare le ore ma anche i minuti in più sul calendario: a fine mese li sommava e presentava il conto al ragioniere della ditta. “Chi fa da sé fa per tre” è il motto che, seppur inconsapevolmente, non lo ha mai abbandonato, tranne i casi in cui era utile farsi servire, mentre con consapevole ironia ripeteva spesso, per definire comportamenti che s’affacciavano sullo scenario politico ed umano “quello che tuo è mio, quello che mio….è mio..”.
Raccontava poi la storia di quel poveraccio che, in chiesa, alla predica domenicale, aveva sentito il prete rivolgersi ai fedeli con “cari fratelli” sicchè, all’ora di pranzo, aveva suonato alla porta del curato chidendo di essere ospite a pranzo, essendo, lui, fratello anche del prete… ma quest’ultimo gli precisò “figliolo siamo tutti fratelli nel pregare non nel mangiare” ed anche questi erano sistemati; insomma, “maza, maza jè tót una raza”.
Sulla scarsa propensione alla lettura, influiva la mancata formazione scolastica, ché, orfano prestissimo di mamma, la vita gli prospettò un cammino non conciliante con la leggerezza dell’infanzia e, già da ragazzino, si era imbarcato come mozzo sui mercantili. Il suo passatempo, il suo elemento naturale era il mare, d’inverno e d’estate, imbarcato o sui pescherecci, “in zìma la palèda” o sulla banchina in attesa delle barche cariche di pescato, per portarne a casa un po’ racchiuso nel fazzoletto legato con quattro nodi, per diporto coi “sgnùr” che venivano a prenderlo a casa “perché lór i sarà ènca inzniér ma sènza ad mè in tórna in pòrt” o sul moscone, in piedi con remi che sembravano lo scettro del dio Nettuno.
Ma allora perché chiedeva del giornale? Per leggere il suo oroscopo, che lui storpiava in “oroscafo”. Insomma anche lì entrava il mare con lo “scafo”. Il babbo era superstizioso, dipendente dal solitario con le carte, diventava teso se gli “saltava” il sopracciglio destro secondo il detto “oç mènc còr frènc, oç drét còr flét”, faceva le corna con la dita quando s’imbatteva in qualche soggetto che, a suo parere “è pùrtèva disgrèzia” e credeva all’oroscopo. Lo leggeva lentamente, sillaba per sillaba. Saltava la parte relativa alla salute perché quella sapeva tenerla sotto controllo da sé, evitava l’approfondimento sui “viaggi” chè non lo interessavano mentre la sua attenzione si focalizzava sulla “fortuna/denaro” e su quel tipico astrologico “contrasti in famiglia” per non dire di “attento ai rivali”…chè potevano scatenare reazioni pesanti… Così quando arrivava il settimanale guardavamo subito l’oroscopo del capricorno e quando la mamma diceva “l’è brót”… io strappavo quella pagina e la corrispondente affinchè non se ne accorgesse… e alla domanda del babbo “un gnè è giurnèl?”, rispondevo pronta: “sì ma questa settimana non hanno pubblicato l’oroscopo”.