Pubblicato la prima volta il 20 Luglio 2018 @ 09:49
Tutti abbiamo, chi prima chi poi, ascoltato la triste storia dell’amore di Paolo e Francesca, finito tragicamente nel sangue per mano di Gianciotto. Se non altro per averla ascoltata a scuola dalla voce del divino Dante. Ma quanti di noi conoscono la storia, sicuramente meno famosa, di un altro amore malatestiano, quello tra Malatesta Ungaro e Viola Novella?
Ecco i personaggi della vicenda. Malatesta Ungaro nacque nel 1327 da Malatesta Guastafamiglia e Costanza Ondidei. Nel 1347 fu armato cavaliere da re Luigi I d’Ungheria (da cui il soprannome Ungaro), che si trovava in Italia alla testa di una spedizione contro Napoli per vendicare l’assassinio del fratello Andrea, marito della regina Giovanna I di Napoli. Malatesta Ungaro si innamorò di una donna (e presumibilmente gentildonna) riminese, tale Viola Novella, sposata – secondo quanto riportano le cronache – ad un esponente di una nota famiglia cittadina, Caccia Battaglia. Costui, scoperto l’adulterio, pugnalò a morte l’infelice Viola.
É una vicenda che si è tramandata grazie a diverse testimonianze, prima tra tutte una ballatina, scritta probabilmente alla metà del XIV, a pochi anni di distanza dai fatti. Venne pubblicata una prima volta da T. Casini (Il Propugnatore, N. S., II (1889), pp. 260-261).
Questo tragico avvenimento spinse Malatesta Ungaro a compiere un lungo pellegrinaggio alla ricerca dell’amata. Nel febbraio del 1358 si mise dunque in viaggio, accompagnato da Nicolò Beccari da Ferrara, alla volta della Francia (dove visitò Avignone, all’epoca ancora sede del Papato), delle Fiandre, dell’Inghilterra e dell’Irlanda. Qui, tappa finale del suo girovagare, si fece chiudere nel famoso Purgatorio di San Patrizio per rivedere l’anima dell’amata Viola Novella. Il Purgatorio di San Patrizio, per usare le parole di Franco Cardini
[…] ha un ruolo a sé per l’importanza che ha dimostrato di possedere tra XII e XV secolo; esso condivide peraltro con altri luoghi – come i Campi Flegrei o l’Etna – il fatto di essere una «porta all’Aldilà» ben localizzata.
Diverse erano le motivazioni che spingevano i viaggiatori a compiere questo viaggio. In primo luogo l’aspetto penitenziale, e poi motivazioni più umane e meno celesti, come il desiderio di rivedere la persona amata scomparsa. Molte sono le versioni della leggenda sul Purgatorio di San Patrizio: esse differiscono per diversi aspetti, ma tutte riportano i passaggi ben precisi che era necessario seguire per potervi accedere. Accanto all’entrata del Purgatorio era stata costruita una chiesa: per compiere il viaggio si doveva chiedere il permesso prima al vescovo della diocesi e poi al priore della chiesa; entrambi erano obbligati ad avvertire dei pericoli, cercando di dissuadere tutti coloro che ne facevano richiesta dal proseguire oltre. Il cavaliere che rimaneva comunque fedele al proprio proposito doveva trascorrere in chiesa un periodo di preghiera della durata di 15 giorni, al termine del quale una lunga processione, con in testa il priore, lo avrebbe accompagnato all’entrata. Il priore apriva la porta e la richiudeva a chiave alle spalle del penitente. La mattina seguente si ritornava alla porta: se il penitente era lì presente, lo si faceva uscire per un ulteriore periodo di preghiera di 15 giorni, mentre in caso contrario lo si poteva ritenere perduto. Tutti coloro che riuscivano nell’impresa erano tenuti a mettere per iscritto la loro esperienza. Uscito indenne dal Purgatorio e sulla via del ritorno, Malatesta Ungaro insieme a Nicolò Beccari richiese a re Edoardo III d’Inghilterra una patente che attestasse l’esito felice del loro pellegrinaggio.
Sono molte le testimonianze che ci danno conferma di questo viaggio. Il primo accenno lo ritroviamo nell’anonima Cronaca malatestiana del secolo XIV, pubblicata dal Massera (Rerum italicarum scriptores, vol. XV, Parte 2):
MCCCLVIIII, e dì due del mese di febraro. Se ritornò el ditto miser Malatesta Ungaro in Arimino cum grande alegreza. Et era stato in Flandria et in Inghelterra et al Purgatorio de santo Patrici.
La seconda testimonianza è quella di Gaspare Broglio (1407-post 1483), che nella sua Cronaca universale (SC-MS. 77, Biblioteca Gambalunga) così scrive:
Nel .1358. ritornò inn Arimine miser Malatesta Ongaro, il quale era andato al pozzo di san Patritio, el quale sta in Inghilterra apresso di Fiandra; e l’andata sua [fu] per cagione d’una sua amorosa chiamata la Viola Novella: dove se dispose volerne sapere novella, e per dicta cagione andò.
Infine quella del cronista ser Baldo Branchi, vissuto a cavallo tra XV e XVI secolo e autore di una Cronaca che copre il periodo che va dal 1248 al 1474:
Nel 1359, de febraro, tornò in Arimino miser Malatesta Ongaro, el quale era stato in Francia, in Fiandra, in Inghilterra et in Ibernia al pozzo di San Patrizio, con grande allegrezza. Se dice andò per amore dela giovana Viola Novella.
Anche nell’Hesperis di Basinio da Parma troviamo un accenno alla vicenda. Malatesta Ungaro sarebbe infatti sceso agli Inferi victus amore quidem dilectae, triste puellae (VIII, 178). Un secondo riferimento letterario ci viene dal De honore mulierum di Benedetto da Cesena, un poema in terzine in quattro libri, ciascuno diviso in capitoli chiamati Epistole. Venne dato alle stampe nel 1500 da Bartolomeo Zani a Venezia, ed è dedicato a Malatesta, figlio di Sigismondo Pandolfo Malatesta e di Isotta degli Atti, nato dopo il 1449 e morto nel marzo del 1458. Nell’epistola 12 del libro I si legge:
Et diede amor molti anni fa de piglio
a l’Ungar Malatesta e a la Novella
Viola, che sentì el dolente artiglio.
Infine, il già citato Gaspare Broglio, in un capitolo ternario composto in lode dei Malatesta, così descrive Malatesta Ungaro:
L’altro fo quel figliol di Citerea
che non temé ciercar li luochi bui
per ritrovar la sua splendida dea.
Malatesta Ongar(o) fo decto costui,
che non mi basterebbe Fabriano
s’i volesse distinto dir di lui.
Non possiamo sapere se i due amanti si siano ritrovati. A noi piace pensare di sì.
Bibliografia:
Basinio da Parma, Hesperis, VIII, 178.
Basini Parmensis poetae Opera praestantiora nunc primum edita et opportunis commentariis illustrata, vol. II, (1794), pp. 268-269.
CASINI, T., Il Propugnatore, N. S., II (1889), pp. 260-261.
MASSERA, A. F., Cronaca malatestiana del secolo XIV, in Rerum italicarum scriptores, vol. XV, Parte 2, p. 25 e 165.
FRATI, L., Giornale Storico della Letteratura Italiana, XVII (1891), pp. 49-50 e 55.
MASSERA, A. F., Giornale Storico della Letteratura Italiana, LXIII (1914), pp. 174-175.
ZABUGHIN, V., Vergilio nel rinascimento italiano da Dante a Torquato Tasso, vol. I (1921), pp. 289-290 e 315.
CARDINI, F., Malatesta «Ungaro» al Purgatorio di San Patrizio, in Atti della Giornata di Studi Malatestiani a Sestino, (1990), pp. 71-85.