La Battaglia delle Celle

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La battaglia delle Celle

Pubblicato la prima volta il 31 Agosto 2018 @ 09:47

La battaglia delle Celle
La battaglia delle Celle, 25 marzo 1831.

L’antefatto

In seguito ai moti francesi del 1830, in molti italiani si riaccese la speranza di un’Italia unita sotto un unico sovrano. A Modena, il carbonaro Ciro Menotti intratteneva da tempo numerosi rapporti col duca Francesco IV, intenzionato ad estendere i confini del proprio ducato fino a trasformarlo in un vero e proprio regno italiano. Ma il duca, forse timoroso dell’intervento austriaco, il 3 febbraio 1831, poco prima che Menotti desse inizio alla rivolta, lo fece arrestare.

Il 4 febbraio la rivolta scoppiò a Bologna e, come un fiume in piena, corse verso la Romagna. Il 5 febbraio si sollevarono Imola, Faenza, Forlì; il 6 febbraio Cesena e Ravenna, l’8 febbraio Ferrara. Gli insorti proclamarono la nascita di un governo provvisorio chiamato Provincie Unite Italiane, con capitale provvisoria a Bologna e presidente nella figura di Giovanni Vicini, il quale provvide a promulgarne la Costituzione.

Il generale Johann Maria Philipp Frimont.
Il generale Johann Maria Philipp Frimont.

A Rimini la notizia giunse alle 3 di notte del 6 febbraio, quando una staffetta partita da Bologna si presentò al conte Ruffo, il quale la mattina seguente informò il gonfaloniere conte Filippo Battaglini. Questi, dubbioso, decise di non dimettersi per scongiurare eventuali fatti di sangue, ma volle accanto a sé alcuni personaggi per elidere in parte il corso violento delle cose. A far parte del Comitato Provvisorio di Governo vennero scelti lo stesso Battaglini in qualità di presidente, Alessandro e Pietro Belmonti Cima, padre e figlio, l’avv. Giovanni Battista Spina, Giovanni Soardi, Giovanni Ruffo, il dott. Ottavio Bottoni, l’ing. Maurizio Brighenti, Sallustio Ferrari, Gregorio Panzini. Il Comitato Provvisorio pubblicò alcuni avvisi sul mutato governo, istituì una guardia civica per la quiete pubblica, invitò il comandante delle truppe pontificie, tenente Scaman, a consegnare le armi, decretò la cessazione di tutte gli organi pontifici, compresi i tribunali.

Il 26 febbraio tutti i deputati provenienti dalle diverse province insorte si riunirono a Bologna, all’interno del Palazzo comunale. Giovanni Vicini fu eletto Presidente, il prof. Francesco Orioli Vicepresidente, il conte Terenzio Mamiani della Rovere e Giuseppe Zaccheroni Segretari.

Il 7 marzo cominciarono ad arrivare a Rimini tristi notizie: si raccontava di come le armate austriache si fossero ingrossate, ai confini, e di come Ferrara, Modena e Parma fossero già state occupate. A ciò si aggiungeva l’opinabile comportamento della maggioranza del clero cittadino il quale, del tutto sordo alle preghiere dal vescovo Zollio, incitava la popolazione alla rivolta contro il Comitato, gioendo dell’avanzata austriaca.

Mentre l’assemblea di Bologna inviava nelle province i prefetti e i viceprefetti perché arringassero i cittadini tenendo alto il morale in nome della rivoluzione, incitandoli ad essere pronti a combattere il nemico, il generale Frimont, a capo delle truppe austriache nel Lombardo-Veneto, con un proclama annunciò la propria avanzata nei territori ingiustamente sottratti al Papa.

Il generale Carlo Zucchi
Il generale Carlo Zucchi.

Giunse a Rimini la notizia che l’esercito nazionale, comandato dal generale Carlo Zucchi, era nei pressi della città: a tal proposito il gonfaloniere Battaglini il 22 marzo ordinò che fossero messi a disposizione il maggior numero di locali possibile, così da poter ospitare il generale e gli ufficiali. Verso le 5 del pomeriggio del 24 marzo il generale Zucchi arrivò in città, con gli austriaci alle costole, mentre l’esercito lo seguì il giorno dopo, una data da ricordare: era il 25 marzo.

25 marzo 1831: la Battaglia delle Celle

Il generale Zucchi inviò in località le Celle alcuni battaglioni, ordinando che la ritirata su Cattolica avvenisse alle tre e mezza del pomeriggio. All’ora fissata l’esercito si mise in moto, ma un contrordine rimandò la partenza alle 3 del mattino successivo.

Avanzavano intanto le truppe austriache al comando del generale Mengen. In seguito al contrordine del generale Zucchi, le truppe rivoluzionarie avevano deposto le armi e si erano disperse per la città quando, all’improvviso, verso le cinque del pomeriggio, si udirono un grande tumulto e forti urla: gli avamposti erano entrati in contatto con le truppe austriache. I soldati corsero dunque a raccattare armi e cavalli, pronti allo scontro, ma una grande confusione regnava sovrana nello schieramento, soprattutto dopo le prime cannonate. Alla notizia dell’attacco il genernale Zucchi uscì dalla città con circa 200 guardie nazionali, diretto verso lo scontro, trascinando due pezzi di cannone e dando nuova linfa ai nostri.

Quando il grosso delle truppe austriache avanzò, e si intuì un tentativo di accerchiamento, venne ordinata la ritirata verso la porta di San Giuliano; l’esercito rivoluzionario continuò a combattere tra le case del borgo fino a quando un assalto di artiglieria lo fece indietreggiare nuovamente in direzione di Cattolica dove si riunì a parte delle truppe già in ritirata.

Il combattimento durò circa due ore. Il Giangi riferisce di aver contato 24 o 25 morti, tra cui 11 dei nostri, e 30-35 feriti, soprattutto austriaci. Da ricordare, tra i morti austriaci, il tenente Kamiss, sepolto nella chiesa di San Francesco Saverio (del Suffragio), dove una lapide, sulla sinistra entrando, lo ricorda tuttora.

Tutto come prima

Il cippo, all'altezza del "Bar Romani" in via Popilia 1 che ricorda la Battaglia delle Celle.
Il cippo, all’altezza del “Bar Romani” in via Popilia 1, che ricorda la Battaglia delle Celle.

Torniamo in città, per un attimo, allo scoppio della battaglia: il gonfaloniere Battaglini e il conte Pio Baldini, terrorizzati dal rumore delle cannonate, si ripararono all’ultimo piano del palazzo comunale, in casa del direttore delle Poste, tal Marchesini. Battaglini scese solamente quando venne chiamato ad alta voce per ordine del generale Mengen che lo rimproverò aspramente per la resistenza che aveva opposto la città.

Il 26 marzo giunse a Rimini il generale Geppert, comandante del corpo di occupazione, insieme al Commissario pontificio Cav. Flaminio Baratelli, il quale dichiarò ristabilito il dominio del Pontefice. Ritornò tutto come prima: Filippo Battaglini gonfaloniere, Ettore Zavagli comandante della piazza, Giovanni Antimi governatore. Il vescovo riaprì il tribunale ecclesiastico.

Non erano ancora fertili i semi dell’indipendenza e della rivoluzione che portarono, anni dopo, all’unificazione dell’Italia.

A dare comunque rilevanza internazionale all’episodio delle Celle fu Giuseppe Mazzini, al tempo esule in Francia, con la sua prima opera di carattere politico, Una notte di Rimini nel 1831.

 

Bibliografia
BOTTONI Girolamo, La rivoluzione di Rimini del 1831, in Rassegna storica del Risorgimento, a. IV (1917).

2 Commenti

  1. ho trovato dei documenti di un mio bisnonno che ha partecipato alla battaglia.potete darmi qualche indicazione per trovarne riscontro?grazie

    • Gentile Piero Paoletti,
      nell’articolo di G. Bottoni, ‘La rivoluzione di Rimini del 1831’, in Rassegna storica del Risorgimento, a. IV (1917), sono elencati tutti i riminesi che, da volontari, parteciparono ai moti del 1831. Se è fortunato forse potrebbe trovare anche il nominativo del suo bisnonno.

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