Pubblicato la prima volta il 16 Marzo 2019 @ 08:48

La parola Kursaal non suscita alcuna eco emotiva nei giovani e, soprattutto, nei giovanissimi.., non sanno cos’era; esisteva – e venne distrutto – ancor prima che nascessero.
Eppure fu, per molti decenni, il centro della mondanità estiva riminese, oggetto di sogni – e di invidia – da parte dei nostri padri e dei nostri nonni. Era un grandioso complesso edilizio vicino, e paragonabile, al Grand Hotel. Costruito a partire dal 1870 ospitava un salone da caffè-ristorante, sale da gioco, da ballo, da concerti e addirittura locali riservati alla lettura ed alla conversazione. Si erano fatte le cose davvero in grande…
Sono in molti a pensare che dietro la decisione di demolire il Kursaal, presa nel 1947, ci fosse qualcosa di più complesso della motivazione allora ufficialmente addotta: liberare il viale Principe Amedeo da un ostacolo che impediva la vista del mare. C’è chi ha sostenuto che l’abbattimento del Kursaal fu una scelta ideologica: bisognava eliminare il simbolo dell’aristocrazia e dell’alta borghesia. E si è parlato di speculazioni… nessuna, comunque, delle ipotesi risultava del tutto convincente, tanto meno quella ufficiale.
E così la storia della Rimini del dopoguerra si apre con una sorta di giallo. Il nascente turismo di massa sembrava voler spazzare via i simboli del defunto turismo di èlite, sebbene in quegli anni nessuno fosse profeticamente conscio del futuro. La soluzione dell’enigma che vi offriamo può essere letta in tanti modi, può anche rappresentare il paradigma di tutta la storia politica successiva, fatta di veti incrociati, di scelte urbanistiche più o meno larvatamente approvate da tutti, di grandi occasioni mancate, di verità che ‘non si possono dire adesso’, di false alternative etc.
Questa è l’ipotesi formulata dal professor Luigi “Gino” Pagliarani, e da lui ritenuta estremamente attendibile.
“Uno dei protagonisti è il sindaco di allora, ingegner Bianchini, uomo dai progetti ambiziosi, che vedeva la nuova Rimini da ricostruire di sana pianta sulle rovine della vecchia. Già questa città, fatta in gran parte di macerie, era terreno di scontro di multiformi interessi, anche esterni, che richiamavano alle menti fantasiose le immagini del selvaggio Wcst. Bianchini, dicevamo, era a favore della demolizione del Kursaal, mentre io mi ero schierato contro di essa ed ero autorizzato dal mio (e suo) partito – il PCI – a sostenere, anche pubblicamente, il mio punto di vista: ero Presidente dell’Azienda di Soggiorno e non si trattava di una questione ideologica. Bianchini giustificava la propria posizione sostenendo che: il progetto di demolizione avrebbe consentito la vista a mare fin dal cavalcavia sulla linea ferroviaria; il reclutamento della mano d’opera per lo smantellamento dell’edificio sarebbe stato affidato alla Camera del Lavoro, con la possibilità di assumere molti disoccupati. E si tenga presente che, mentre l’interno del Grand Hotel era stato virtualmente devastato dagli alleati, il Kursaal, pur con qualche crepa, era perfettamente agibile ed aveva conservato gran parte dell’arredamento.., in una città quasi completamente distrutta non era poco. Il Kursaal era il simbolo più raffinato della Rimini balneare, del turismo della ‘Belle Époque’: poteva diventare sede dell’ente per il turismo e di innumerevoli manifestazioni. Scrissi un articolo contrario alla demolizione sul ‘Litorale’, un periodico riminese diretto da Costantino Zangheri. Nel 1946 l’ingegner Bianchini fu proposto come sindaco dal partito comunista che ottenne, in quelle elezioni, la maggioranza assoluta, li PCI propose allora a tutti gli altri partiti di entrare in giunta, ma la Democrazia Cristiana rifiutò: PCI e PSI rimanevano, soli, ad amministrare la città.
Bianchini, in un primo tempo, impresse all’attività dell’amministrazione comunale un’impronta di saggezza, non disgiunta da una certa audacia; poi cambiò stranamente, prendendo decisioni che lasciavano tutti perplessi: fra tutte la più sconcertante fu quella concernente il Kursaal.
E ad un certo punto – colpo di scena – Bianchini racconta di essere ricattato dall’opposizione, venuta a conoscenza del fatto che egli non era in possesso di alcun regolare diploma di laurea. Chiede, pertanto, di essere sostituito nella carica di sindaco, perché stanco delle pressioni esercitate su di lui dall’opposizione. Ufficialmente si dimette per motivi di salute. Di punto in bianco parte per il Sud America, dove apre una fabbrica di articoli religiosi.
Sono convinto che Bianchini sia stato ricattato dai suoi avversari politici affinchè prendesse quella decisione in merito al Kursaal: nelle successive elezioni amministrative quest’atto quasi vandalico sarebbe stato l’argamento principe per minare, alla base, il suo prestigio.
La DC, da parte sua, sua impegnò subito in una campagna propagandistica con un manifesto: ‘Sono questi i ricostruttori della città, che iniziano abbattendo il Kursaal!’.
Qui finisce il racconto di Pagliarani. E’ storia questa? Non lo sappiamo.
Pensiamo però, che come soggetto cinematografico non sarebbe male. E comunque, spesso, nulla è più strano della verità.
Giuliano Ghirardelli
Chiamami Città
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14 settembre 1988