“I zìnc minùd ad Pugnaloni”

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Pubblicato la prima volta il 31 Maggio 2018 @ 00:00

“Cosa ci hanno lasciato” di Grazia Nardi
Vocabolario domestico: “I zìnc minùd ad Pugnaloni”

I cinque minuti di quel tale Pugnaloni… è il commento che bollava i ritardatari senza rimedio e prendeva lo spunto dalla storiella di quel marito che annunciò alla moglie “a vag a tò al zigarèti, aj mèt zìnc minùd..” in realtà scappò in America per mai più tornare.

Allora, come oggi, ce n’erano di seriali. Quelli che, mai puntuali, ogni volta si giustificavano con un “òz ho vù na zurnèda…!” per cui si sentivano dire “sèh…l’è tót un òz..”! Proprio per il rigore che s’imponeva in quegli anni dove tutto era misurato, essere ritardatari veniva considerata una mancanza di rispetto verso chi ne doveva subire gli effetti e comunque uno stato di leggerezza che portava a dire “t’an gnè pó fè nisùn afidamèint”. Era un mondo che si divideva in “buoni” e “non buoni” e, non a caso, di quello non affidabile si diceva “l’è na ligéra”, un’espressione che, oltre la puntualità, lambiva anche l’onestà e la moralità. Poi più semplicemente c’erano quelli che prendevano tutto con calma estrema.. “sla flèmma”.. che, nati stanchi, vivevano per riposare. Ricordo che in occasione, rara, di qualche invito a pranzo, rivolto ad amici e parenti, all’ora fissata, la mamma doveva buttare la pasta su ordine del babbo “magnèma… a duvèm spitè quìl ch’in vèin?” mentre la mamma “dòp la ròba la s’agiaza e l’ha n’è pió bòna!”.

Peggio verso il ritardatario sul lavoro…”di lé us capés cu n’ha vòja da lavurè”.. eh sì il lavoro – con le file all’ufficio di collocamento – era sacro e, senza ricorrere a ruffianerie di sorta, bisognava sempre dimostrare di meritarselo.

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