Pubblicato la prima volta il 25 Settembre 2016 @ 00:00
“Cosa ci hanno lasciato” di Grazia Nardi
Vocabolario domestico: “Armidiè”
Rimediare era il verbo che, da solo, rappresentava la sintesi dell’intera condizione. “Rimediare” non era la soluzione ottimale, ma il superamento dell’ostacolo di volta in volta, di giorno in giorno.; “comprare”, invece, era era proprio l’ultima azione, solo se indispensabile, solo se possibile. Prima c’era il prestito.
Una cara amica della mamma le “prestò” il libretto dove “segnare” la spesa. Una procedura che il bottegaio consentiva solo a chi aveva “un’entrata” sicura, un lavoro stabile ed il babbo, allora, non l’aveva: quella era solidarietà! Si chiedevano in prestito gli accessori ritenuti un “lusso”. Racconta la mamma che dovendo far da madrina ad un battesimo chiese in prestito la borsetta, la “bustina” quella che si teneva sottobraccio. Così la Elsa stette tutto il giorno con il braccio piegato per sorreggere la borsetta per poi accorgersi dopo qualche ora che la borsetta non c’era più. Tanto poca la dimestichezza che l’aveva persa senza rendersene conto!
Si chiedeva la bicicletta in prestito se serviva per un rapido spostamento, per lo più legato al lavoro. Quello che non si poteva comprare, che non si poteva avere in prestito, si tentava di “rimediarlo”. Così la nonna usciva il pomeriggio verso la campagna per “armidiè agli èrbi per stasera”, il babbo “a vag a marèina ad armidiè dó purazi” e, se la fortuna non assisteva la ricerca, si rimediava la cena con gli avanzi, si rimediava uno strappo ai pantaloni con una pezza od un rammendo, una maglia (bustézza) ai ferri “guastando” una vecchia inutilizzabile; persino i regali si “rimediavano” tanto erano inaspettati e comunque soprattutto rispondenti a qualche necessità: un scartòz ad zóchèr, dó partugali e, nei periodi migliori, una bottiglia di marsala, un etto di caffè “chè pió bòn” e io stessa ho visto regalare, in occasione di nozze, asciugamani ingialliti sottratti al proprio corredo; quando non venivano in soccorso i “centrini” lavorati con l’unicinetto, a volte realizzati col filo di lana dato l’elevato costo del cotone. Mentre i ragazzini, il mercoledì ed il sabato, fraintendendo il termine, qualche volta andavano a “rimediare” qualcosa sul mercato, spesso inseguiti dagli ambulanti e, quando la giornata finiva male, anche nel senso di non aver combinato nulla di buono, il commento era “òz a n’ho armidiè gnìnt”.
[…] dopo il verbo “armidiè” seguiva, a ruota, il verbo […]