“An s’avria cosa capè”

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Pubblicato la prima volta il 6 Aprile 2016 @ 00:00

“Cosa ci hanno lasciato” di Grazia Nardi
Vocabolario domestico: “An s’avria cosa capè”

Non saprei cosa scegliere, anche se “capè” ha un significato più cogente (vedi “i la capè tè maz”, “hanno scelto il peggiore di una vasta gamma… o uno dei tanti”) vale a dire un grado di selezione più elevato rispetto al termine italiano “scegliere”.

Un modo di dire che vale per tutte le situazioni di livellamento verso il basso, tipo “ zira.. zira..” o “maza maza jè tót ad clà raza”. Vale ogni volta si debba fare una scelta tra persone, cose o iniziative, scelta difficile quando gli elementi di confronto non siano sufficienti o confortanti. Vale, oggi, soprattutto, in politica. Lo dico senza scendere nei dettagli, chè questa non è la sede, ma, come sempre, per riproporre un’epoca e gli stati dell’animo che la caratterizzavano.

Non a caso è la risposta che la mamma Elsa mi diede quando le chiesi “mamma, per chi votiamo la prossima volta?”. Una risposta che mai avrei potuto sentire mai fino a qualche anno fa e che sicuramente non esisteva nel suo frasario negli anni ’50.
Allora la scelta era netta, naturalmente sempre riferita al ceto popolano: o bianchi o rossi, democristiani o comunisti, compagni o “cul zal”, Primo Maggio in corteo con la bandiere rosse o ad assistere la messa in piazza Cavour. Anche oggi, quando vuole esprimere un giudizio positivo, sul singolo non su un partito, dice “l’è un ad chi bòn”, vale a dire capace ed onesto e quando vuol pronunciarsi sul senso di appartenenza, perché per lei ha ancora un senso, dice “l’è un di nòst”, cioè è uno che ci rappresenta, che s’impegna per gli interessi del popolo; valeva per il politico e per il prete, perché qui non è importante precisare questo o quel partito: c’erano i preti che non facevano le “differenze”, che dopo la cerimonia della prima comunione organizzavano un rinfresco nella sacrestia così tutti i bambini avevano la loro festa, che lasciavano ai chierichetti, in genere appartenenti alle famiglie più povere, le piccole offerte ricevute in occasione della benedizione pasquale, casa per casa; che se non ti vedevano spesso in chiesa “capivano”… poi c’erano quelli che non davano la dispensa ai “santoli” se, appunto, non ti vedevano in chiesa, che le volte che ci entravi “it guardèva a travèrs”, che durante il sermone funebre “ sé cèrte comunèsta i tirèva via…se cèrte un magnaosc-i … in fnìva pió brèv i qué, brèv i là..”. Ma valeva anche per quei personaggi che prima di assumere la carica “i zirèva sal pèzi mè cul… i t’avnìva a zirchè e dòp i fèva finta da nu cnòste…”.

Mi ha raccontato di quando, respinta più volte la sua richiesta di essere ricevuta dall’Assessore alla Casa – siamo nei primi anni ’50 e mamma, babbo, mio fratello ed io, abitavamo in un’unica stanza – un giorno, furente aprì la porta aggredendo verbalmente il rappresentante della più importante istituzione giacchè, a suo parere, anche allora c’erano le “preferenze”. La mamma, una sorta di onorevole Angelina, che io adoro e dalla quale ho preso (spero) molto. Qui non c’è tanto la “visione politica” che, giustamente ognuno ha la sua ma quello che mi preme è sottolineare l’approccio. La mamma era una che andava al seggio appena aperto perché, diceva “s’um sùzéd qualcosa an vurìà c’us perdés per un vód” e quando usciva era felice e insoddisfatta allo stesso tempo perché aveva “fatto il suo dovere” ma, diceva anche, “un vòd l’è tròp pòc… i ne vurìa è mènc dó” tanta era la passione, la convinzione, la voglia di un cambiamento che ristabilisse la giustizia sociale e restituisse la speranza.
Esigenze pregnanti, soprattutto considerando che si era appena usciti dalla guerra e dalla monarchia quando, però, la Resistenza, il diritto al voto da pochissimo ottenuto dalle donne, facevano intravedere nuove possibilità.

Ancora novantenne era lucida, lettrice di almeno tre quotidiani, attenta ai tg, partecipe ai discorsi che si intrecciano in famiglia… insomma ancora lontana dai “mammoli”, la sentivi dire, sospirando, “an cridèva ca fnésmi isè…”. Mah!

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