Pubblicato la prima volta il 13 Marzo 2019 @ 08:47

Da alcune settimane la città e’ tappezzata di manifesti che ricordano il settantennale del CEIS.
Credo che la data ufficiale dell’inaugurazione sia individuata nel 1° maggio 1946. Io nascevo 22 giorni dopo e, compiuti i tre anni, iniziavo a frequentare l’Asilo Italo-Svizzero (mi piace ricordarlo con questo nome): Aula Rossa. Seguirono i cinque anni di elementari e, proprio in quel periodo, ci fu la grande festa per il decimo compleanno del Villaggio. Con orgoglio (e, allora, grande emozione e immenso timore) fui prescelto per assumere il ruolo di conduttore dello spettacolo (novello Mike Bongiorno: Lascia o Raddoppia andava in onda da circa sei mesi).
Quanti ricordi…
Sicuramente quelli più nitidi riguardano, primo fra tutti, il contesto ambientale/strutturale in cui ci trovavamo noi bambini (tanto all’asilo quanto alle elementari): così diverso e rivoluzionario rispetto a quello che potevamo vedere e, soprattutto, ci raccontavano i nostri amici che frequentavano le strutture pubbliche.

Le aule in legno, la disposizione dei banchi, l’intero complesso strutturato a villaggio, con gli spazi comuni per lo svago e la didattica “sul campo”.
Indelebile il ricordo proprio dei metodi didattici: incredibili, innovativi, coinvolgenti.
Vado fiero di aver imparato a lavorare al telaio (mia madre ha utilizzato per una vita il porta aghi di lana che le avevo confezionato nell’Aula Rossa) e, a Natale, metteva sempre in tavola il candeliere in creta da me modellato all’asilo. Per non dire dei corsi di teatro, canto, tipografia, falegnameria. I pochi compiti a casa, perché si tornava in classe anche al pomeriggio.
E la recita di Natale… epica! Con i canti in tedesco, la Margherita e la Barbara erano “maternamente” molto esigenti.
Come dimenticare le visite periodiche e i gemellaggi con scuole di altri Paesi, oltre che le temporanee comparse in classe dei bambini figli dei circensi che si trovavano in città al seguito del Circo (Togni e Orfei, i più famosi) e che frequentavano la scuola in modo necessariamente nomade.
Ovviamente alcuni di questi aspetti sono poi stati assimilati anche dalla scuola pubblica ma, preme sottolinearlo, sto parlando di ben oltre sessant’anni fa!
Caratteristiche didattiche allora tanto innovative ed efficaci da entusiasmare il Ministro della Pubblica Istruzione del tempo, Paolo Rossi, parlamentare socialdemocratico (primo laico ad assumere quel dicastero, divenuto, nel triennio 1975-’78, Presidente della Corte Costituzionale) che, sollecitato da mio nonno materno (Alberto Simonini, anch’egli parlamentare socialdemocratico) venne a visitare l’Asilo Italo-Svizzero, magnificandone l’organizzazione e le metodologie didattiche (lo rammento bene, ero presente).
Un ricordo, questo solo personale, ai compagni di classe (quelli di banco cambiavano spesso: nessun limite, anche maschi con femmine). Non ne cito i nomi (credo di ricordarli tutti) fatta eccezione per Giulio Capiozzo, batterista fondatore del gruppo musicale Area, scomparso nel 2000; per Roberto Vinciguerra, bancario e musicista, rivisto tante volte seduto al pianoforte del Grand Hotel e per Sandro Berselli, epiche le nostre gare in bicicletta prima di entrare a scuola (partenza e arrivo al cancello del Villaggio, lungo via Anfiteatro, via Clementini, via Roma, via Bastioni Orientali, via Vezia), anche loro scomparsi già da vari anni; da ultimo voglio ricordare Gianfranco Ghiotti, mai più rivisto dopo la quinta, scomparso ancora giovane in un incidente stradale, come mi aveva riferito la nostra maestra di allora, Marina Manzoni.
Gli altri voglio pensarli in buona salute e ancora quotidianamente impegnati a sfruttare quei grandi insegnamenti e quei profondi valori che abbiamo assimilato in quel magnifico contesto ancora oggi, ne sono convinto, all’avanguardia.
Adalberto Gambetti
Che bello..!
Complimenti..!
Ho avuto la allegria di conoscere l’asilo svizzero..ho fatto un tirocinio nel anno 1990..e’ quello che ho imparato e’ rimasto nel mio cuore..al di lá degli cari amici…Feliz Cumpleaños..! Caro CEIS..